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Possiamo fidarci dell’AI più delle persone?

L'Harvard Business Review ha sottolineato la suddetta questione in un articolo al riguardo (e secondo noi era importante sollevarla proprio adesso).

Possiamo fidarci dell’Intelligenza Artificiale più delle persone?

L’Harvard Business Review ha sottolineato la suddetta questione in un articolo al riguardo (e secondo noi era importante sollevarla proprio adesso).

Ma perché ci si pone questa domanda?

Al momento le grandi aziende come Amazon e Netflix, per fare degli esempi clamorosi, fanno grandissimo uso dei cosiddetti motori di raccomandazione o recommendation engine per migliorare la customer experience.

Amazon offre dei prodotti più adatti al target di riferimento e Netflix propone i film o le serie TV più adatte all’utente.

Ma questi motori stanno entrando anche nel settore pubblico.

Ad esempio, a New York il Dipartimento dei Servizi Sociali usa l’AI per dare consigli ai cittadini per esempio sugli aiuti nell’ambito della disabilità, sull’assistenza nutrizionale, assicurazioni sanitarie, eccetera.

Ma se da una parte i colossi come Amazon e Netflix vivono di raccomandazioni, in alcuni casi le raccomandazioni stesse possono essere problematiche.

Allora ci si chiede, quando è meglio fidarsi di un’Intelligenza Artificiale?

Per rispondere, partiamo con un concetto principale.

Il concetto di fiducia fra essere umano e Intelligenza Artificiale

Questo tema sarà sempre più presente proprio perché l’Intelligenza Artificiale farà sempre più parte delle nostre vite, e sempre di più dovremmo assegnarle dei ruoli e dei compiti.

E per parlarne, sottolineiamo cosa dice HBR.

L’Harvard Business Review divide gli acquisti in:

  • Utilitaristici
  • Edonistici

I primi rappresentano qualcosa che ci serve per la sua utilità, mentre i secondi sono acquisti a cui attribuiamo un valore in più rispetto alla semplice utilità.

Dall’articolo di HBR è venuto fuori che i suggerimenti dell’Intelligenza Artificiale sono più apprezzati quando si tratta di prodotti utilitaristici.

Cioè, noi riteniamo che l’Intelligenza Artificiale abbia più la capacità di interpretare i nostri bisogni rispetto agli esseri umani, quando si tratta di prodotti utili alle nostre necessità.

Dall’altra parte, quando si tratta di fare un acquisto per il nostro piacere, preferiamo comunque avere un supporto di un essere umano rispetto al semplice suggerimento dell’Intelligenza Artificiale.

Questo perché probabilmente non crediamo che l’Intelligenza Artificiale riesca a percepire tutte le sfumature di sensazioni che abbiamo come esseri umani.

Detto questo, HBR fa una cosa molto particolare…

Nel senso che ribalta il concetto stesso che esprime.

Infatti, esistono anche determinati casi in cui gli utenti preferiscono i consigli dell’AI anche per gli acquisti edonistici.

HBR fa l’esempio di un esperimento fatto con un’app di cucina.

All’interno dell’app c’era un’Intelligenza Artificiale rappresentata da uno chef virtuale, un chatbot.

Ad un certo punto lo chef diceva all’utente che anche se si trattava di un’Intelligenza Artificiale, l’utente si poteva fidare, quindi cercava di creare una sorta di rapporto di fiducia.

Questo ha cambiato molto i risultati perché gli utenti hanno iniziato a fidarsi dei suoi consigli pur considerato che si trattava di un’app di cucina.

Questo ci fa capire due cose fondamentali.

Prima di tutto che se si implementano delle Intelligenze Artificiali con l’obiettivo di fornire dei consigli agli utenti, l’importante è creare l’ambiente giusto per creare affidabilità.

La seconda è che appunto, date le condizioni giuste, l’Intelligenza Artificiale può funzionare sostanzialmente sia per prodotti utilitaristici, che per prodotti edonistici.

Per cui, di per sè, HBR ci conferma di nuovo una cosa che noi diciamo da tempo.

I motori di raccomandazione o l’Intelligenza Artificiale in generale possono andare bene in qualsiasi settore.

In tutto questo, la domanda iniziale era:

Possiamo fidarci dell’Intelligenza Artificiale più delle persone?

Di sicuro si arriverà al punto in cui il parere dell’Intelligenza Artificiale sarà molto più valido, vista tutta la capacità di raccolta dati.

Man mano che crescerà come tecnologia, i suoi consigli saranno sempre più affidabili.

Vogliamo fare un esempio?

Parliamo della guida autonoma di Tesla.

Ci sono stati dei confronti in cui la decisione della macchina – se evitare un ostacolo o evitare un incidente – permetteva di analizzare le persone che c’erano nell’abitacolo.

E questo aveva mosso un paio di discussioni importanti nel momento in cui sono uscite queste regole per la guida autonoma.

Questo perché in base a ciò che il guidatore sarebbe stato in grado di fare, l’Intelligenza Artificiale sarebbe stata istruita per lavorare in modo diverso.

Quindi, per evitare un incidente è meglio prendere in considerazione la possibilità di fare altri danni alle persone sui marciapiedi o fare danni ai guidatori di una macchina?

Queste sono puramente scelte e decisioni che dovremmo affrontare in futuro collaborando con l’Intelligenza Artificiale.

Quindi, è forse un po’ presto per rispondere alla domanda “possiamo fidarci”?

Diciamo che ci stiamo avvicinando.

I dati continuano ad aumentare e i progressi si vedono.

Bisogna tenere monitorato quello che succede (senza tenere sotto traccia i titoloni), perché tutto il mercato si sta muovendo per includere questo tipo di tecnologia in ogni software.

Se proprio volessimo dare una risposta…

L’Intelligenza Artificiale suggerisce delle scelte, ma non prende delle decisioni.

C’è sempre l’operatore a fare la scelta finale.

E le scelte che fa l’Intelligenza Artificiale le fa su una base analitica, sui numeri.

Per cui forse è meglio dire che possiamo fidarci delle persone che utilizzano l’Intelligenza Artificiale per fare le scelte.

Ci sarebbe tutto un tema da prendere in carico sul panorama italiano, restrizioni, eccetera…

Se le scelte fossero fatte partendo da un’analisi analitica e dalle risposte che dà l’Intelligenza Artificiale, ci si fiderebbe sicuramente di più rispetto alle scelte fatte di pancia.

Francesco Azzarita
Francesco Azzarita
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