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Perché gli imprenditori non si fidano dell’Intelligenza Artificiale?

Ma questo timore è davvero così motivato, oppure no?

Ciò che diciamo da quando abbiamo iniziato il podcast è che c’è un certo livello di diffidenza nei confronti dell’Intelligenza Artificiale.

C’è a livello culturale, perché abbiamo vissuto con questa idea cinematografica di Terminator, di un’Intelligenza Robotica che prima o poi si chiederà perché eseguire degli ordini e si ribellerà, sterminando gli umani.

Quando si parla di Intelligenza Artificiale, la cosa non cambia.

Gli esseri umani hanno timore dell’Intelligenza Artificiale a prescindere da tutto.

Adesso ne abbiamo ancora più paura perché le ultime notizie hanno anche preso una piega sempre più negativa.

Gli algoritmi di Facebook che promuovono contenuti di fake news…

Il GPT-3 che scrive articoli al posto degli umani, e così via…

Insomma, le ultime notizie non farebbero ben sperare per il futuro dell’Intelligenza Artificiale, se li guardi con l’occhio del pubblico medio.

Si è detto tutto il negativo possibile e probabilmente siamo stati i pochi in Italia che hanno voluto mostrare tutti i lati positivi dell’Intelligenza Artificiale e smascherare anche le bufale, i sensazionalismi, e così via.

Ma abbiamo voluto farlo proprio per rassicurare le persone, in special modo gli imprenditori, su questo tipo di tecnologia.

Il podcast nasce per questo, per rassicurare gli imprenditori su questa nuova tecnologia che è considerata come la “nuova elettricità”, ma da alcuni anche come “nuova maledizione”.

Infatti, secondo un articolo di Business Insider, gli imprenditori italiani non si fidano dell’Intelligenza Artificiale.

Certo, è una cosa che già sapevamo, ma le motivazioni dell’articolo sono molto interessanti:

1. Il 54% delle imprese in Italia ha fatto partire un progetto di Intelligenza Artificiale, ma solo il 12% ha un progetto in essere in questo momento.

2. I 3 ostacoli principali sono bassi investimenti, irreperibilità delle competenze, e incapacità di portare queste competenze in azienda.

E poi, ultimo ma non ultimo…

L’Intelligenza Artificiale viene vista come minaccia per l’impiego.

Insomma, è il solito adagio dell’Intelligenza Artificiale che ci ruberà il lavoro – cosa che non è comunque vera.

Ma questo timore è davvero così motivato, oppure no?

Per rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro…

Gli imprenditori vs. la ricerca universitaria sull’Intelligenza Artificiale

I tempi troppo lunghi della ricerca universitaria

L’Intelligenza Artificiale è una tecnologia innovativa.

C’è ancora molto da sviluppare e da scoprire sulle sue potenzialità, quindi il rapporto con la ricerca universitaria è molto forte in questo momento.

Ma è proprio qui che si crea il problema… 

Le università fanno molta fatica a far uscire le loro scoperte e a renderle comprensibili ed usufruibili per le aziende.

La ricerca ha dei ritmi molto dilazionati e ci possono volere mesi per studiare tutte le possibili sfumature di una tecnologia.

Nell’industria, invece, c’è bisogno di raggiungere un obiettivo “ieri” o nel minor tempo possibile.

Il problema è questo gap temporale che non si può colmare seguendo le leggi di mercato.

Le competenze AI difficili da trovare, difficili da internalizzare 

La maggior parte delle imprese italiane denuncia la mancanza di competenze AI sul mercato…

Denuncia anche il fatto che quando si trovano, sono anche difficili da internalizzare…

Questo perché assumere le suddette competenze AI per creare un team interno richiede tempo.

È fondamentale capire che queste competenze non sono sempre “internalizzabili”.

Per formare un team interno di AI sono necessari mesi e risorse…

Per di più, il team interno sarà molto probabilmente focalizzato a portare avanti il business dell’azienda, non a sviluppare l’Intelligenza Artificiale…

Vivendo in un contesto oramai internazionale, dove il lavoro del data scientist può essere fatto da qualsiasi parte del mondo in smartworking senza recarsi presso l’azienda, queste competenze si possono trovare, e anche del livello che vogliamo.

E dove non si trovano delle figure specifiche da assumere per creare un team interno, possiamo fare delle partnership con delle aziende dove questo team già ce l’hanno, accelerando notevolmente il processo.

La soluzione, in poche parole, è reperire le competenze AI attraverso delle partnership con altre aziende esterne.

Qui diventa necessario cercare delle partnership con aziende che possano internamente contribuire e affiancare i collaboratori interni come se fosse un team allargato, ma mantenendo la proprietà intellettuale all’interno dell’azienda.

Perché se ci vogliono dei tempi per creare il team interno, poi il team interno va continuamente formato, aggiornato e pertanto diventa difficile e complicata una gestione di questo tipo.

È più facile formare poche risorse interne con delle conoscenze di Intelligenza Artificiale ad un livello sufficiente da poter gestire un team esternalizzato.

Le scelte di un imprenditore con l’Intelligenza Artificiale

Tutti gli imprenditori sono ad un bivio.

Da una parte ci sono gli imprenditori che si fidano dell’Intelligenza Artificiale e che ci si abituano come è stato con l’iPhone, il telefono o l’elettricità…

Dall’altra parte ci sono gli imprenditori che non si fidano o addirittura attaccano o disprezzano questa soluzione e cercano in qualche modo di ostacolarla, magari portando avanti comunque uno scenario alla Terminator.

Tra dieci anni, quando l’Intelligenza Artificiale sarà progredita, diventerà una tecnologia che le persone useranno quotidianamente.

15 anni fa non sapevamo cosa fosse un telefonino, mentre adesso tutti hanno un telefonino, tutti hanno WhatsApp, tutti sanno cos’è un browser…

Tra 10 anni sarà normale vedere una persona interagire con il suo assistente virtuale dedicato…

Così come è stato con il computer, presto l’utente interagirà direttamente con l’Intelligenza Artificiale sia a livello vocale e visivo, per compiere azioni, raggiungere obiettivi e soddisfare le proprie necessità.

E coloro che la stanno un po’ ostacolando e vedono questa cosa come qualcosa di negativo, io la vedo come un po’ più critica per loro.

Ad un certo punto gli imprenditori e i manager che non inizieranno ad adottare queste tecnologie verranno fisiologicamente eliminati dal mercato, o comunque avranno vita molto più difficile da qui ad un po’ di anni.

È un po’ come chi era abituato ad aprire la bottega e attendere i clienti che passassero davanti a comprare, e oggi con la situazione in cui ci troviamo, abbiamo un grosso difficoltà.

Chi negli ultimi anni si era attrezzato per avere una presenza online, per vendere online, per avere dei processi digitalizzati, banalmente per gestire anche il lavoro in remote working o smartpworking che si voglia, oggi trova sicuramente meno difficoltà.

A prescindere dall’ambito lavorativo.

Noi abbiamo esempi anche di ristoranti che sono una delle categorie più colpite in questo momento, ristoranti che si sono adattati con delle app, con dei sistemi digitali per essere presenti online, per vendere il cibo in delivery, oggi non hanno grossissimi problemi economici.

Chi è sempre stato – ha alzato sempre le barriere nei confronti di queste tecnologie, oggi si trova in difficoltà.

Il concetto è che il cambiamento è inevitabile, tutto va avanti e tutto cambia.

Il progresso, il cambiare in positivo non è automatico, va pianificato, va pensato, va programmato, bisogna impegnarsi affinché le cose accadano.

Tutto qua. 

Francesco Azzarita
Francesco Azzarita
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