MIT: 3 novità ‘wow’
Come potevamo prevedere, anche questa settimana si è parlato del Metaverso di Facebook.
Prima se n’è parlato in maniera quasi puramente tecnica, rispondendo alla domanda “che cos’è un metaverso”…
Poi si è approfondita la questione etica che sicuramente occuperà i titoli dei giornali per i prossimi anni.
Ci abbiamo dedicato l’intera puntata #81, perciò non abbiamo ritenuto necessario fare un ulteriore approfondimento.
Perciò abbiamo preferito spulciare nelle immensità dell’Internet per parlare di quelle piccole novità che sbucano dal mondo dell’Intelligenza Artificiale.
E abbiamo scoperto che una nostra vecchia conoscenza, il Massachusetts Institute of Technology ha portato alla luce ben 3 novità da effetto “wow”.
E ne parleremo in questo nuovo articolo.
1. RFusion – Un robot che aiuta a trovare gli oggetti persi
A tutti è capitato almeno una volta nella vita di perdere le chiavi, il portafoglio, o altri oggetti di uso comune.
I ricercatori del MIT hanno trovato una soluzione “intelligente” a questo annoso problema in ambienti manifatturieri, con l’obiettivo di renderla disponibile nel futuro anche in ambiente domestico.
Il sistema si chiama RFusion, ossia un braccio robotico antropomorfo con una pinza di presa a cui è stata applicata una telecamera e un sensore RFID – tecnologia molto comune e a bassissimo costo, che talvolta si trova nei sistemi antitaccheggio o nei bidoni per la raccolta differenziata.
Tramite l’RFID il braccio robotico si muove e si avvicina alla zona dove dovrebbe essere localizzato l’oggetto perduto, ricevendo il segnale dal tag RFID.
Nel momento in cui il braccio è vicino all’oggetto, si applica la Computer Vision tramite la telecamera per discriminare il luogo dove si dovrebbe trovare l’oggetto.
Facendo una correlazione distanza-direzione, l’algoritmo riconosce l’oggetto da raccogliere e dà le coordinate al braccio antropomorfo per raccogliere l’oggetto.
RFusion attualmente è un prototipo e, secondo gli studi riportati sulla rete, combinando questa tecnologia di radiofrequenza e la computer vision, le performance raggiungono il 96% di efficienza, anche nel caso in cui l’oggetto sia nascosto sotto una pila di oggetti.
2. Roboat – Barche a guida autonoma
Come abbiamo detto in un altro articolo, la guida autonoma soffre di alcuni limiti – sia a livello di capacità di guida, sia a livello di normative.
Per capirci, le macchine a guida autonoma sono ottime negli ambienti prevedibili, ma non in quelli più caotici, come sulle strade trafficate dove le condizioni cambiano continuamente.
La proposta degli scienziati del MIT, per dimostrare la validità di questa tecnologia, è stata di ripensare i mezzi di trasporto in ambienti più semplici, più controllati e con meno variabili, proprio come i canali d’acqua.
Infatti, hanno portato nei canali di Amsterdam una nave robotica intelligente a grandezza naturale – chiamata Roboat – con a bordo 5 persone, con la capacità di raccogliere rifiuti e spedire prodotti.
La barca in sé è 100% elettrica, con una batteria che gli permette di avere un’autonomia di 10 ore, a ricarica wireless.
La Roboat è stata preparata aggiungendo un lidar e delle telecamere a 360°, così come è stato fatto per le automobili di Tesla.
Questo sistema è stato definito «perception kit», poiché dà la possibilità alla barca di “percepire” cosa le sta attorno per identificare gli ostacoli e i limiti del suo percorso, come i ponti, le zone più strette o la presenza di altre barche.
Questo kit di percezione, non potendo mappare tutti gli ostacoli, identifica come “sconosciuto” un oggetto con il suo volume e che rappresenta un ingombro nel suo percorso.
Queste informazioni rimaste in memoria vengono etichettate e incluse poi nel futuro training del modello di Intelligenza Artificiale.
La Roboat è perfettamente autonoma, funzionante 24 ore su 24, senza bisogno di alcun guidatore a bordo.
Attraverso un sistema di GPS, la Roboat riesce a calcolare la strada migliore per spostarsi dal punto A al punto B, portando a termine i compiti che gli sono stati assegnati.
Questa è un’attività che può compiere solo all’interno di una rete di canali ben precisa, le cui regole sono ben definite e trasmesse attraverso la logica.
3. Le reti neurali che riconoscono gli odori come gli esseri umani
Come sappiamo, una rete neurale artificiale si basa sulle reti neurali biologiche, che hanno la caratteristica di risolvere un numero elevato di operazioni molto semplici.
Questo tipo di sistemi permettono di comprendere meglio il contesto dove vanno ad operare.
Per fare un esempio semplice, un sistema di traduzione testi oggi funziona molto meglio di qualche anno fa perché è in grado di interpretare la frase nel suo intero, e non la singola parola.
Gli scienziati del MIT hanno scoperto che un modello computazionale può imparare da solo – in pochi minuti – a riconoscere gli odori, quasi come farebbe un essere umano.
Ora, gli odori vengono tradotti in impulsi elettrici che poi arrivano al cervello, e quest’ultimo è in grado di dare loro significato.
Con questo principio gli scienziati hanno addestrato una rete neurale affinché fosse in grado di rappresentare i diversi odori, non solo presi singolarmente, cosa che il cervello umano riesce a fare.
La cosa sorprendente è che la rete neurale ci ha messo pochi minuti ad adattarsi.
Questa scoperta ha permesso ai ricercatori di comprendere meglio il sistema olfattivo animale, dando un forte contributo alle neuroscienze.
C’è da dire che ad oggi, poche parti del cervello sono mappate in maniera comprensiva, per cui è difficile valutare quanto bene questi modelli computazionali rappresentino l’architettura reale dei circuiti neurali.
Per cui, la domanda che i ricercatori si stanno ponendo è: «Le reti neurali possono essere davvero d’aiuto per comprendere meglio il cervello umano?»
Non diamo una risposta a questa domanda, ma se le premesse sono queste, possiamo immaginarci un futuro positivo.