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Il Potere Positivo dell’Intelligenza Artificiale

Cloudera, una società che crea software per la gestione dei dati, ha fatto uscire un’indagine sul mondo dell'Intelligenza Artificiale

Cloudera, una società statunitense che crea software per la gestione dei dati aziendali, ha fatto uscire un’indagine sul mondo dell’Intelligenza Artificiale, intitolata…

«Senza Limiti – Il Potere Positivo dell’Intelligenza Artificiale. Come l’Intelligenza Artificiale ha cambiato le abitudini sull’utilizzo della tecnologia per il bene».

Per capire la portata stessa dell’indagine, sono stati intervistati:

  • 2213 decision maker a livello globale (Italia compresa),
  • 54% rappresentanti della C-suite (CEO, CTO, CFO, CMO).

Ne parleremo nella nuova puntata del podcast e vedremo, nello specifico:

  • Come la crescita dell’Intelligenza Artificiale e dei dati potrebbe cambiare in meglio la nostra vita 
  • Quale sarebbe l’impatto umano, tecnologico e ambientale dell’Intelligenza Artificiale 
  • Se i dati e l’Intelligenza Artificiale possono andare oltre l’aumento dei profitti per un’azienda,
  • Se la tecnologia e i dati possono consentire ai lavoratori di realizzare il proprio potenziale e migliorare la propria vita.

Transformation, produttività e investimenti nella governance sociale e ambientale

Secondo McKinsey – realtà a cui noi facciamo spesso riferimento – le aziende hanno accelerato la digitalizzazione dei loro clienti e le interazioni della catena di fornitura e le loro operazioni interne da 3 a 4 anni durante la pandemia.

– 32% dedicato alla digital transformation

– 28% aumentare la produttività

Questi sono obiettivi comprensibili quando si parla di uscire da uno stato di sopravvivenza e recupero, e si inizia a guardare ai prossimi tre anni.

Il 26%, in particolare, si è focalizzato su governance ambientale.

Il 24% su prodotti e servizi.

Il 21% su crescita finanziaria.

Questo evidenzia come la responsabilità sociale e l’utilizzo della tecnologia per il bene è una parte centrale di una strategia di business.

Dei decision maker, l’84% crede che l’IA porterà benefici e il 93% crede che li otterrà nei prossimi 3 anni.

Insomma, le prospettive sono buonissime, così come le aspettative.

Ricerche simili un anno fa evidenziavano un certo scetticismo nei confronti dell’Intelligenza Artificiale.

Soprattutto, nessuno credeva di poter ottenere benefici in 3 anni, un tempo relativamente breve nella vita di un’azienda.

Interessante per noi è anche il dato sulla governance ambientale e sociale, su cui le aziende stanno investendo molto.

I dipendenti vedono il potenziale di utilizzare la tecnologia per il bene

Il 91% dei decision maker crede, in una certa misura, che c’è bisogno di usare l’Intelligenza Artificiale per offrire più pratiche di business sostenibili che portino beneficio sia alle aziende che alla comunità.

Il 52% dei decision maker dicono che la loro azienda si è già attivata e usa i dati per sostenere le comunità.

I dati vengono usati per il 50% circa sia per ottenere profitti che per migliorare la vita, Italia compresa.

Creare valore non significa solo creare dei sistemi che producono reddito e profitto, ma creare anche un business virtuoso che porti beneficio a tutta la comunità.

Agli eventi a cui noi siamo invitati e dove questi temi sono sempre protagonisti.

I dipendenti vogliono fatti e non parole

Diciamo che è una cosa piuttosto normale.

Con le parole li convinci, ma poi bisogna passare ai fatti.

Il 64% dei decision maker dichiara che le proprie aziende non fanno abbastanza per “restituire” alle comunità.

L’87% dei decision maker comprende che continuare su questa rotta influirà sulla capacità dei datori di lavoro di rimanere competitivi nel futuro.

Per di più, il 26% dei decision maker crede che questo influenzerà negativamente la capacità dell’azienda di attrarre e mantenere i talenti in questo momento.

Il 73% dei decision maker concorda che i business devono fare di più con i propri dati per assicurarsi il benessere dei loro dipendenti e delle comunità.

Concordiamo con questa linea di principio anche se i numeri sono piuttosto importanti.

Anche se la domanda che faremmo ad un decision maker sarebbe: nel tuo piccolo, qual è il tuo impegno economico per restituire alla comunità e creare un business più sostenibile?

La sostenibilità è centrale per la sopravvivenza

Ora, che cosa si intende per “sostenibilità”?

Da una parte si parla di utilizzare energia pulita o non inquinare…

Ma indica anche la sostenibilità economico-finanziaria, l’umore delle persone, il funzionamento stesso dell’azienda.

Il 48% dei decision maker crede che la propria azienda stia facendo molto per implementare delle pratiche di business sostenibili, ma c’è margine di miglioramento.

Il 38% dei decision maker crede che le loro aziende stiano facendo il meglio che possono per implementare delle pratiche di business sostenibili.

Il 47% dei decision maker ritiene che, se nei seguenti 3 mesi non si fossero prese decisioni di business più sostenibili usando i dati, l’azienda non sarebbe cresciuta. 

Piccola nota: l’azienda che oggi ha i dati e non li utilizza, evidentemente non è consapevole oppure ha delle altre priorità.

E va bene avere delle altre priorità rispetto all’Intelligenza Artificiale – soprattutto se l’azienda sta andando bene -, è importante però essere consapevoli di quello che si sta facendo.

Se hai i dati, puoi permetterti anche per qualche mese di non guardarci dentro, ma poi devi passare ai fatti per evitare rischi.

Continuare così sarebbe come andare in giro con una macchina con i freni che fischiano… prima o poi devi fermarti e far sistemare i freni.

Le aziende che oggi hanno raccolto i dati hanno un potenziale enorme, anche se non sono strutturati.

Il primo passaggio sta nello strutturarli per poi lavorarci.

Il 48% dei decision maker crede che i danni sarebbero importanti, e il 24% ritiene che potrebbe addirittura distruggere il business, se si scoprisse che avevano i dati.

Il 27% dei decision maker crede che i dipendenti lascerebbero il business se nulla cambiasse.

Intelligenza Artificiale, Machine Learning e Data Analytics stanno cambiando il modo in cui i business operano e hanno già visto i benefici

Il 91% degli intervistati ha raccontato di aver raggiunto il successo attraverso dei programmi di AI esistenti.

I decision maker dicono che i 3 più grandi benefici dell’IA sono il risparmio in termini di costi (45%), l’accuratezza (44%), e rendere scalabili le altre tecnologie emergenti (49%).

L’83% dei decision maker dice di avere un piano chiaro per implementare nuovi programmi e soluzioni di Intelligenza Artificiale nei prossimi 18 mesi.

Secondo i business leader, i più grandi ostacoli sono: budget ridotti (45%), negatività dello staff di fronte ai cambiamenti (40%), e l’abilità di scalare le soluzioni (40%).

Questi sono dati importanti, se non addirittura ottimisti.

Avere un piano “chiaro” di Intelligenza Artificiale è molto ottimista: lo puoi avere se sei già partito, dopo prove, carotaggi, se sai già quanto ti costa, quali risultati ti porta, in quanti tempi e così via.

E questo avviene, secondo la nostra esperienza, solo nel 30% dei casi.

Non puoi fare il tunnel del Brennero in 36 mesi senza fare prima un tunnel esplorativo, per esempio.

Secondo i business leader, i più grandi ostacoli sono: budget ridotti (45%), negatività dello staff di fronte ai cambiamenti (40%), e l’abilità di scalare le soluzioni (40%).

Aumentare la comprensione per ridurre i rischi

Il 31% dei decision maker dice di giocare un ruolo attivo nel decision making riguardo l’implementazione dell’IA, ma lo fanno avendo competenze limitate (non comprendono i benefici e neanche le conseguenze che metterebbero a rischio le aziende). 

Ecco, questo potrebbe giustificare i risultati “ottimisti”, perché una parte dei decision maker più ottimisti comunque non ha le competenze per portare avanti un progetto di Intelligenza Artificiale.

Il 39% di coloro che dichiaravano di avere competenze limitate, sottolineano che è perché credono che l’uso dell’AI non abbia conseguenze su di loro o sul reparto in questione.

Ecco, questo ci ha fatto ridere.

Pensare che una tecnologia così invasiva non toccherà il loro reparto o il loro ruolo, è un’idea un po’ miope.

Certo, può essere prevedibile che ci siano persone relativametne ignoranti…

Ma è anche vero che è molto cambiata questa prospettiva.

Due anni fa andavamo nelle aziende a parlare di “cosa si può fare con l’Intelligenza Artificiale”, a definire il machine learning e così via…

Adesso c’è molta più consapevolezza sia di che cos’è l’Intelligenza Artificiale, sia di che cosa può fare.

E credere che la tecnologia non impatti sulla propria operatività, è abbastanza ingenuo, ora come ora.

Il cambiamento è in atto, ma benvenuto

Metà dei decision maker crede che i propri dipendenti hanno le skill giuste per lavorare parallelamente all’Intelligenza Artificiale (56%) nei prossimi 3 anni.

Qui, forse, c’è una sopravvalutazione delle skill dei propri dipendenti.

Cosa si intende con skill “giuste”?

Stiamo parlando di essere a conoscenza di cosa può fare l’Intelligenza Artificiale e di come un collaboratore può mettersi in gioco per poter integrare al meglio queste tecnologie?

Oppure stiamo parlando di come implementare la tecnologia, dove le skill sono, in maniera reale, in numero molto più basso?

Investire nel reskilling è decisivo

La maggioranza dei decision maker ritiene che i dipendenti hanno le giuste skill per lavorare parallelamente all’Intelligenza Artificiale (92%).

Nei prossimi 3 mesi, il 33% ha pianificato dei corsi d’apprendimento per i propri dipendenti in Intelligenza Artificiale.

Ad ogni modo, il 72% dei decision maker concorda che le aziende dovranno investire di più nel reskilling dello staff per assicurare un piano di gioco sicuro per tutti i dipendenti.

A questo punto, il 91% dei decision maker ha rivelato che le loro aziende si impegneranno ad investire continuamente in attività di reskilling per i dipendenti, mentre sempre più task vengono automatizzate.

Per ottenere questo, i decision maker dicono che lavorano con partner esterni (51%) e fanno apprendimento interno (49%) per attrarre e mantenere talenti che possano lavorare con l’Intelligenza Artificiale nel futuro.

Ad ogni modo, circa il 71% dei decision maker crede che il governo e i business hanno la stessa responsabilità nell’aiutare a chiudere il gap delle digital skills.

Su questo non c’è davvero nulla da aggiungere: più l’intelligenza Artificiale entrerà nella nostra vita, più aumenterà il livello di messaggi che ci arriveranno riguardo a questa nuova tecnologia.

È preoccupante che il 22% dei decision maker non hanno alcun piano per sostenere il training per i dipendenti per acquisire nuove skill nei prossimi 3 anni. 

È una tecnologia in continuo miglioramento, perciò diciamo che il Transformer con il GPT-3 sono all’avanguardia, ma non è detto che fra due anni sarà all’apice della tecnologia.

Entrare nello specifico di come utilizzare un Transformer, non so se sia una base consolidata o un progresso.

Profitto e altruismo possono co-esistere?

I business leader credono che i loro dipendenti direbbero che la loro azienda usa l’IA per portare profitti al business (51%), risparmiare sui costi (49%) e rimpiazzare la forza lavoro (35%).

I decision maker credono che la loro azienda stia usando l’Intelligenza Artificiale per capitalizzare le opportunità di crescita (47%), migliorare il customer service (47%), per stabilire delle pratiche di business più giuste e sostenibili (45%), e livellare il piano di gioco in modo che tutti i dipendenti abbiamo uguali opportunità (41%).

Poco meno della metà dei business leader dice che l’AI viene usata per liberare i dipendenti per fare lavori più strategici.

Morale della favola: da una parte abbiamo i decision maker che credono nelle opportunità dell’Intelligenza Artificiale, che credono nelle opportunità di crescita e miglioramento dell’azienda e delle pratiche, togliere attività ripetitive ai collaboratori.

Dall’altra abbiamo ciò che credono i business leader rispetto ai loro dipendenti, che non è ciò che credono i dipendenti.

Quindi, innanzitutto c’è un po’ di disallineamento: se tu credi una cosa e credi che i tuoi dipendenti ne credano un’altra o abbiano un pensiero che va in un verso opposto, evidentemente c’è una mancanza di condivisione dei valori aziendali alla base.

C’è un buon margine di manovra, lavorare sui valori, sulle fondamenta dell’azienda oltre al profitto, su cosa l’azienda può creare di valore per la comunità.

Quindi sì, altruismo e profitto possono coesistere.

Fare profitto significa creare un valore economico fine a se stesso, ma anche per la collettività, che viene misurato in miglioramento della qualità della vita: meno cirminalità, più benessere, meno consumo di farmaci e così via.

Morale della favola: se prima il focus era sul profitto e poco sul resto, oggi possiamo dire che è quasi più spostato sul resto.

Se tutti i parametri sono positivi, si dà per scontato che si porti dietro l’aumento del profitto.

Senza altruismo, ossia della crescita di tutto ciò che NON è profitto, non ci può essere profitto.